Short


La lenta macchina del disamore
gli ingranaggi del riflusso
i corpi che abbandonano i cuscini
le lenzuola i baci
e in piedi davanti allo specchio si domandano
ognuno a se stesso
e senza guardarsi
non nudi l’uno per l’altra
io non ti amo, amore mio

 

J. Cortazar

Che il novantanove per cento dei pensieri di chi soffre di pensiero compulsivo è rivolto a se stessi; che il novantanove per cento di questi pensieri consiste nell’ immaginare poi prepararsi a qualcosa che sta per accadere loro; e che, stranamente, il cento per cento delle cose per le quali usano il il novantanove per cento del loro tempo a prepararsi ad affrontarle in ogni possibile risvolto non sono mai positive. […] In breve, che il novantanove per cento dell’attività del pensiero consiste nel cercare di terrorizzarsi a morte.

“Non esiste oscenità nel corpo umano, se non in quella parte assai nascosta che è il cervello”.

“Fortissima e inspiegabile voglia di mangiare sarde in saor ascoltando Chet Baker.
E invece, solo spaghetti di riso e un amarcord della prima Pausini su raitre”.

“Ma lei non può smettere. Finirà quando deve finire”.

“Verrà la libertà e non avrà il tuo nome”.

“E tutto tacque.
Eppure in quel tacere
s’avanzò nuovo inizio,
cenno
e mutamento”.

“Non bisogna fare niente adesso
potrebbe essere frainteso
potrebbe non andare in porto
il momento non è propizio
non si capisce
meglio rimandare
non adesso
c’è troppa confusione
meglio aspettare
per sempre”.

“Soffre, la Sicilia, di un eccesso d’identità, né so se sia un bene o sia un male”

 

A tavolino, lo scrittore lavorò per un’ora. Alla fine scrisse un libro che chiamò Il libro delle caricature. Non fu mai pubblicato, ma io lo vidi una volta e ne ebbi un’impressione incancellabile. C’era nel libro un pensiero centrale, molto singolare, che mi è sempre rimasto in mente. Quel pensiero mi ha permesso di capire molte persone e molte cose che prima non ero mai riuscito a capire. Il pensiero, naturalmente, non era espresso, ma una semplice esposizione di esso suonerebbe press’a poco cosí: In principio, quando il mondo era giovane, c’erano molti pensieri ma non esisteva nulla di simile a una verità. Le verità le fabbricò l’uomo, e ogni verità fu composta da un grande numero di pensieri imprecisi. Cosí in tutto il mondo ci furono verità. Ed erano meravigliose.
Il vecchio aveva elencato nel suo libro centinaia di verità. Io non cercherò di riferirvele tutte. C’erano la verità della verginità e la verità della passione, la verità della ricchezza e quella della povertà, della modestia e dello sperpero, dell’indifferenza e dell’entusiasmo. Centinaia e centinaia erano le verità, e tutte meravigliose. Poi veniva la gente. Ognuno, appena compariva, si gettava su una delle verità e se ne impadroniva; alcuni, molto forti, arrivavano a possederne una dozzina contemporaneamente. Erano le verità a trasformare la gente in caricature grottesche. Il vecchio aveva una sua complessa teoria a questo proposito. Era sua opinione che quando qualcuno s’impadroniva di una verità, e diceva che quella era la sua verità e si sforzava di vivere secondo essa, allora costui si trasformava in una caricatura, e la verità che abbracciava in una menzogna.
                                                                                      
          
S. Anderson

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Alla stazione il bigliettaio sorrise alla nostra passione e ci guardò come si guarda chi sta anche quando parte, però ci fece pagare come chi va. Salimmo su un treno che portava in una città d’arte qualunque, scelta tra le città d’arte qualunque purché attraversata da un fiume, e a noi piaceva baciarci sui ponti, checché ne dicesse il dentista. Il capotreno fischiò e si sbracciò, e i portelloni sbatterono. Mentre mi sporgevo dal finestrino pensavo che ogni avventura dovrebbe iniziare con un locomotore che sbuffa ed una nuvola di fumo dentro la quale sparire, ma non accadde nulla del genere, ci avviammo senza particolari concessioni alla scenografia. Lei leggeva un libro che raccontava di un tizio che amava una di San Francisco, ed era una storia piena di orgasmi e di cose tossiche; io osservavo la pianura industriale che scorreva oltre il vetro, ed era una storia piena solo di cose tossiche. Ogni tanto ci fissavamo per qualche istante senza dire nulla, anche la nostra era una storia piena di orgasmi, cose talvolta tossiche e pianura industriale in quantità.
Il controllore sorrise alla nostra passione e ci guardò come si guarda chi ha obliterato l’amore, ma non i biglietti.

Siamo cose proletarie, camicie poco costose,
non stirate da una servitù.
Povere storie ma luminose.

di Jacques

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“Vorrei aprire un blog su una mia vita immaginaria in cui non lavoro, suono l’oboe, scrivo di letteratura americana sul quotidiano gratuito Bari City e vado al cinema in settimana. Faccio un paio di figli e cucino. L’estate vado in ferie ai trulli e faccio la carne sui Carboni per gli amici che amerei invitare a cena. Mi dedico agli altri. Viaggio. Non ho paura. Sono molto magra.

Ok. Torno qui a fare i conti. Alle 19 vado a casa passo prima da […]” .

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L’anno trapassa, noi trapassiamo e travalicando dissipiamo. Addio 2012 anno ingannatore. Ti ho resistito lasci…andomi tentare flettere mortificare. Tu mi hai insegnato l’invidia che non avevo mai provato.  L’invidia per le cose naturali semplici ordinarie. Ché a me le cose vengono tutte complicatissime tortuosissime ambigue. Le cose dentro le cose, le sfoglie delle cose, il cuore delle cose, le ceneri delle cose e poi sempre le ceneri del cuore. Tu mi hai insegnato l’odio atroce che solo l’uomo nelle sofisticazioni del suo pensiero può elaborare. L’assoluto dell’odio che ha più smalti diamantati dell’amore. Mi hai insegnato la disillusione il disinganno il tradimento. Anno malsano, adesso, vattene. Tempo che vieni, ridammi quello che mi hai preso quando eri tempo andato, e tempo andato riprenditi quello che mi hai insegnato quando eri chi sei. Ridammi  le sane vecchie illusioni, gli incanti, i turbamenti, i coinvolgimenti. Anno nuovo allora portami tante passioni. Portami la vita della passione nel mezzo del cammin della mia vita. Auguri a tutti.
                                                                                                                                                                                                                   Sempre lei, la mia Circe.

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“I capodanni più belli sono quelli squallidi. È stupendo passare capodanno da soli a guardare le lezioni di statistica su Rai Nettuno. Ma la gente si vergogna e dice di essere stata in giro a trombare”.

“Scarto un bacio perugina e leggo: l’amore vince su tutto. È firmato “anonimo”. Ma non importa, perché tanto ti troverò lo stesso e allora saranno cazzi tuoi”.

“Ci sono le coppie storiche, belle da morire. Ci sono i ragazzini annoiati che si ”amano” dopo una settimana. Ninfomani che scopano coi puttanieri.
Amori che sbocciano all’improvviso.
Ci sono i fidanzatini possessivi che si incatenano l’un l’altro fino ad odiarsi.
Ci sono i coniugi insofferenti.
Gli amanti teneri e sognatori.
E poi ci siamo noi.
Dove, di preciso, non si sa”.

Bisognosi anzitutto di silenzio e di calore
produciamo freddo e chiasso brutali.

E il pianto vero non ha lacrime, né spettatori né rifugio.

E’ rimasto solo come uno scheletro di bracci meccanici e plance sgravate. Di tanto amore.

La musica di due per strada mi spezza il cuore. Il ritorno del vento ha polverizzato gli ultimi due anni. Le persone oscene dimenticano senza riconoscenza. Beati di altri lidi e frontiere e orizzonti di immunità. E poi tutto ricomincia uguale.

Il passato non è il mio posto preferito.

Scordata. Caduta in disuso, non produceva più il suo suono originale.

Magari qualcosa, una moneta che cade, un piccolo braccialetto che si impiglia alla maglia di qualcuno, uno scontrino che scivola via, cambia il destino di una persona. E quella persona, per un piccolo, banalissimo gesto, non farà più le stesse cose che avrebbe fatto invece se quel gesto non si fosse verificato. E la sua vita prende un altro binario. Magari per sempre. Magari per un po’ soltanto. Chissà.

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